George A. Romero è stato una pietra miliare del cinema horror contemporaneo portando sul grande schermo il primo esemplare del genere zombi.
Domenica notte il regista e sceneggiatore si è spento a 77 anni, dopo una “battaglia breve e aggressiva” contro un tumore ai polmoni. La famiglia ha dato il triste annuncio e la notizia in breve tempo è rimbalzata nei social di tutto il mondo.
Il suo più grande successo è arrivato nel 1968 con la celebre pellicola dal titolo “La notte dei morti viventi” ma, negli anni, sono stati molti i suoi film, tra i tanti da ricordare sicuramente: “There is Always Vanilla” del 1971, “La stagione della strega” del 1972 e “Zombi” del 1978.
Per Romero la saga degli zombi si è trasformata, nel corso del tempo, da puro intrattenimento in una metafora per descrivere una condizione che lui vedeva propria dell’umanità contemporanea, infatti parafrasando le sue parole: “Solo dopo La notte dei morti viventi capii come quella degli zombi potesse essere una metafora potente, e importante. Se non li si considera mostri, ma una rappresentazione di quel che noi uomini siamo diventati, ecco allora che il genere dei morti viventi acquista un’altra dimensione. Zombi nasce nel clima psicologico e sociale successivo a uno dei più bui e turpi periodi della storia americana, dopo l’escalation di sangue e morte della guerra del Vietnam”.
L’orrore che ha descritto il regista nei suoi film non è quindi solo intrattenimento ma nasconde un messaggio sociale e diventa così uno strumento di critica e di analisi della società.
La figura di Romero e la sua produzione cinematografica hanno influenzato molti autori contemporanei e le loro opere: dal fumetto (es. Dylan Dog) al cinema, alle serie televisive. Le sue indubbie doti di regista e sceneggiatore saranno per sempre un grande patrimonio della cinematografia mondiale.