L’austerità dell’Epoca Vittoriana
Dopo aver parlato delle “ghost stories“, della nascita dello spiritismo e della morbosa attenzione nei confronti della morte, in questo articolo focalizzeremo la nostra attenzione sul ruolo della figura femminile, sulla sessualità e sulle rigide proibizioni e limitazioni di quell’epoca. Secondo Florence Fenwich Miller, giornalista e attivista per i diritti sociali vissuta in quel periodo, le donne erano state di fatto ridotte alla schiavitù legale: non potevano votare, non potevano citare qualcuno in giudizio, non potevano possedere alcuna proprietà.
La donna “virtuosa” dell’epoca Vittoriana era considerata un essere puro quasi asessuato, una “donna angelo”, sicuramente passiva nel rapporto e dipendente in tutto e per tutto dalle volontà del marito che rappresentava il fulcro della vita sociale, amministrativa e politica del tempo, anche se, ironia della sorte, il vero potere dell’Impero Britannico era nelle mani di una donna, icona della femminilità borghese del tempo, la Regina Vittoria. La donna era considerata il centro della vita domestica, responsabile della cura dei figli, rispettabile se virtuosa e costantemente sottoposta a vincoli e restrizioni sociali e culturali, il suo corpo doveva essere candido, puro e insensibile ad ogni vizio umano, i suoi vestiti erano castigati, non poteva studiare materie scientifiche come l’ingegneria. La casa era una gabbia dove la donna era rinchiusa come fosse un tesoro ad uso e utilizzo esclusivo del marito.
La vita diventava sofferenza e la sofferenza stessa mutava in un incubo continuo che metteva a dura prova la sanità mentale e la salute fisica.
Sessualità e Devianze: Dott Jekyll e Mr Hyde
La sessualità femminile, lontana dalla vita domestica e familiare, era confinata nei bordelli. Secondo alcuni studi a Londra esistevano, nella seconda metà del 1800, più di 3000 bordelli. Di giorno gli uomini vivevano la loro vita lavorativa e familiare, la notte invece esplodeva un mondo sommerso, fatto di piaceri sfrenati e oscuri. Questo dualismo presente in epoca Vittoriana entrò ben presto nell’immaginario di molti autori, come R.L. Stevenson, che crearono dei personaggi controversi e duali, l’esempio più classico è il Dott. Jekyll e Mr. Hyde. L’inafferrabile e mostruosa figura di Jack lo Squartatore entrò in questo periodo nell’immaginario britannico, spaventando il mondo “nascosto” del libertinaggio sfrenato e della prostituzione. Ad ogni proibizionismo si contrappone sempre una ricerca del piacere, nascosta e perversa. L’epoca Vittoriana non fece eccezione.
La doppia anima dell’era vittoriana era composta da un lato da castità, austerità e repressione, dall’altro da sensualità, spregiudicatezza e voluttuosità. Quest’ epoca rappresentò quindi uno dei periodi più ricchi di contraddizioni incastrate della storia inglese.
I terribili vincoli e costrizioni a cui erano sottoposte le donne, i lunghi silenzi spettrali di ville e manieri, la doppia maschera che indossava la società, i ritmi di lavoro massacranti e il divieto di “stare bene” portarono molte persone, donne in particolare, alla follia mentale. Le malattie della psiche venivano prima curate in casa e nel caso fossero continuate i pazienti venivano internati in dei manicomi. All’interno di queste strutture non si praticava nessuna riabilitazione, i pazienti erano legati e spesso, come fenomeni da baraccone, potevano essere visti anche da un pubblico esterno che, in alcuni casi, pagava anche un biglietto all’ingresso.