Il 15 Marzo è stato l’anniversario della morte di Howard Phillips Lovecraft, il visionario scrittore di narrativa horror americano.
H.P. Lovecraft scrisse molti racconti tra cui Dagon, Il Colore venuto dallo spazio, Il Richiamo di Cthulhu e diversi romanzi come Le Montagne della Follia e La Maschera di Innsmouth. Le sue opere ebbero una fortuna postuma ma, mentre Lovecraft era in vita, la critica e il pubblico non compresero il suo genio letterario e la complessità dell’universo da lui creato.
L’intera produzione letteraria di Lovecraft è ispirata dai suoi incubi, è incentrata su un pessimismo cupo e angoscioso che domina il destino dell’umanità. Gli esseri umani sono solo delle pedine, inconsapevoli, all’interno di uno scacchiere universale alieno e malvagio. Lovecraft, nelle sue opere, riprende e riadatta in modo distopico gli archetipi inconsci dell’uomo, i sentimenti di ansia e di alienazione, la paura dell’ “altro” inteso come portatore di pulsioni estranee e nemiche. L’universo lovecraftiano, nello sviluppo della sua cosmogonia, è popolato e in buona parte dominato da esseri alieni innominabili, antichissimi e potenti, creature malvagie che da eoni hanno come obiettivo la distruzione di ciò che esiste trascinando ogni cosa, umanità compresa, in un abisso di follia e dolore. Che cosa può fare l’uomo per evitare tutto ciò? Nulla. Gli uomini possono solo fuggire dall’orrore, chiudere gli occhi per non minare la propria sanità mentale che però sarà comunque irrimediabilmente compromessa. In questo senso il pessimismo di Lovecraft diviene cosmico e abbraccia l’intera esistenza umana.
La vasta produzione letteraria del visionario di Providence è ancora oggi oggetto di studio e di critica e sono molti gli aneddotti che si raccontano su di lui e sulla sua vita. Uno di questi racconti narra di un ipotetico viaggio fatto da Lovecraft in Italia, nei territori del Polesine. Secondo questa leggenda Lovecraft arrivò in Italia nel 1926, nella zona del delta del Po ed entrò in contatto con i racconti del filò: una tradizione contadina del Veneto che consiste nel trascorrere delle veglie raccontando delle inquietanti leggende locali come, ad esempio, quella di un essere metà uomo metà pesce che vive nel fiume e che, ogni tanto, esce in cerca di vittime. Questo ipotetico viaggio in Italia di Lovecraft non ha trovato però nessun riscontro oggettivo di verità anche se le atmosfere che l’autore descrive nei suoi libri evocano suggestioni simili a quelle della tradizione dei racconti del filò: a tal proposito è consigliabile leggere questo ottimo approfondimento redatto da Wu Ming 1 sul tema.
Gli echi dei deliri letterari di Lovecraft sono stati, negli anni, un’importantissima fonte di ispirazione per moltissimi autori dell’horror moderno, Il Ciclo di Cthulhu e il Necronomicon, in particolare, hanno rappresentato scenari e modelli stilistici per una vasta produzione artistica in tutti gli ambiti: letterario, cinematografico, musicale ed anche nell’ambito di giochi e videogiochi.
La potenza orrorifica ed evocatrice dell’autore di Providence è riassumibile nelle sue stesse parole: “L’orrore consiste nella maligna e peculiare sospensione o sconfitta di quelle immutabili leggi di Natura che costituiscono la nostra sola difesa contro gli assalti del caos”. Lovecraft ci ricorda, con queste poche parole, che la nostra razionalità è solo un’illusione e che la verità, blasfema e indecifrabile, è che tutto è inghiottito dal caos e che nulla possiamo contro di esso.